Tutte le proprietà della vitamina E

olive

La vitamina E svolge diverse funzioni importanti per la rigenerazione delle cellule, e non solo: scopriamo perché è così importante per il nostro organismo.  Ne parliamo assieme ai farmacisti della Farmacia Pelizzo una delle migliori farmacie di turno di Udine.

Conosciuta anche con il nome di tocoferolo, la vitamina E comprende un gruppo di molecole liposolubili che svolgono una funzione molto importante per il nostro organismo, dal momento che proteggono le membrane cellulari e contrastano l’azione svolta dai radicali liberi. Si tratta di un nutriente essenziale, e di conseguenza può essere assunta attraverso l’alimentazione. In particolare, nel cibo la vitamina E è presente in forma di esteri di tocoferolo; gli enzimi pancreatici la liberano in modo che essa possa essere assorbita dall’intestino tenue. Nell’intestino, i chilomicroni inglobano la vitamina E e la trasportano, attraverso le vie linfatiche, nel circolo sanguigno. Qui circola legate alle lipoproteine HDL (nelle donne) e alle lipoproteine LDL (negli uomini).

Le azioni svolte dalla vitamina E

La vitamina E è un prezioso antiossidante e combatte gli effetti dei radicali liberi dell’ossigeno, secondo meccanismi che devono essere individuati ancora con precisione dagli studiosi. Quel che si sa con certezza è che la vitamina E reagisce con i radicali perossili tossici e instabili; ne derivano chinoni e altri complessi molecolari stabili che interrompono la catena di reazioni di degradazione dei lipidi. Si tratta di un meccanismo biochimico di straordinario valore per proteggere gli acidi nucleici e le molecole strutturali di membrana. L’azione svolta dalla vitamina E si interseca con quella della SOD, del glutatione e della vitamina C, che sono altri sistemi antiossidanti i quali possono rigenerare il tocoferolo. È proprio grazie a questo specifico sinergismo di azione che la vitamina E viene considerata l’antiossidante più potente di tutto il corpo umano.

A che cosa serve la vitamina E nel nostro organismo

Inoltre, la vitamina E è un moderatore della reattività enzimatica. Infatti diversi studi hanno messo in evidenza che un deficit di vitamina E può determinare cambiamenti significativi e alterazioni dell’attività enzimatica, con conseguenze sulla sintesi dei neurotrasmettitori e sul rilascio degli ormoni. Questa sostanza è anche un antiaggregante piastrinico in virtù della sua capacità di garantire l’equilibrio della permeabilità di membrana; in più inibisce direttamente il trombossano A2 e altre sostanze che hanno un effetto aggregante. Infine, la vitamina E è uno stabilizzatore di membrana cellulare.

La carenza di vitamina E

Una dieta con pochi grassi può causare una carenza di vitamina E, e lo stesso dicasi, più in generale, per un’alimentazione non sufficiente. Esistono, poi, patologie congenite da deficit enzimatico e patologie sistemiche come le anemie, la cirrosi indotta da alcolismo, le epatopatie, le pancreatiti e la malattia di Crohn che possono, a loro volta, provocare una mancanza di questa vitamina. Ne derivano manifestazioni cliniche come disturbi neurologici, ematologici, muscolari e della vista.

Le cause e i sintomi del deficit di vitamina E

I sintomi della carenza di vitamina E cambiano a seconda delle cause che determinano tale deficit. Si può trattare di disturbi muscolari o oftalmologici, come nel caso delle retinopatie pigmentarie, mentre nei bambini che sono nati prematuri si possono riscontrare delle anemie. Più rari sono le sindromi neurodegenerative che comportano una riduzione della sensibilità periferica e un calo dei riflessi, ma anche la miopatia. In generale, nei Paesi occidentali la carenza di vitamina E si verifica solo in conseguenza di diete prive di grassi. Tale sostanza è comunque presente in molti alimenti, fra i quali le olive, la frutta secca, il germe di grano, la carne, il pesce, gli spinaci, i broccoli e in generale gli ortaggi a foglia verde. È ridotto, invece, l’apporto che scaturisce dal latte e dai suoi derivati.

Come mangiare se si ha la sindrome dell’ovaio policistico

verdure

La sindrome dell’ovaio policistico è una patologia che ha ripercussioni pesanti sia a livello fisiologico che dal punto di vista psicologico: per fortuna è possibile intervenire e migliorare tale condizione con una giusta alimentazione. Il Ne parliamo con il nutrizionista a Udine dott. Mauro Meloni ci farà una completa sull’argomento.

Indicata con la sigla PCOS, la sindrome dell’ovaio policistico consiste in un disordine metabolico piuttosto frequente che interessa fino al 10% delle donne, iniziando di solito durante la pubertà e continuando per l’intera età fertile. La conseguenza consiste in un aumento delle dimensioni delle ovaie, in alterazioni di carattere metabolico ed endocrino e nella comparsa di diverse cisti ovariche. Al giorno d’oggi la sindrome viene ritenuta una delle cause più frequenti di infertilità. Se ci sono condizioni patologiche ulteriori (per esempio l’obesità di tipo addominale) si nota una maggiore intensità delle manifestazioni cliniche, da cui derivano gravi complicazioni: un generalizzato incremento del rischio cardiovascolare e la comparsa di alterazioni metaboliche ed endocrine come la dislipidemia.

I sintomi della sindrome dell’ovaio policistico

I sintomi della sindrome cominciano in età puberale e si possono intensificare con il passare del tempo. Va detto, comunque, che la soggettività è elevata e i sintomi possono avere diversi gradi di intensità. Nel novero dei segni clinici ci sono la presenza di acne, il sovrappeso o addirittura l’obesità, l’amenorrea o l’irregolarità delle mestruazioni e infine l’irsutismo, che comporta un eccesso di peluria sul corpo e sul viso. Altri sintomi riguardano le apnee notturne, l’insonnia e in generale i problemi correlati al sonno; ancora, si possono citare la depressione, la carenza di energia, l’ansia e la pelle ispessita e scura nei gomiti, nella nuca e nella zona periascellare. Nel corso della gravidanza può comparire il diabete gestazionale, mentre una condizione di sovrappeso può originare un parto pretermine.

Come si deve mangiare

Un approccio alimentare appropriato è di fondamentale importanza per prevenire le complicanze che possono essere provocate dalla sindrome dell’ovaio policistico. Una dieta quotidiana equilibrata, infatti, permette di tenere sotto controllo non solo una condizione di sovrappeso e la dislipidemia, ma anche situazioni infiammatorie croniche, fra le quali la steatosi epatica non alcolica (il cosiddetto fegato grasso). Le donne in sovrappeso o in condizione di obesità, pertanto, devono scegliere un regime ipocalorico: in altre parole, l’introito di calorie provenienti dagli alimenti deve favorire una riduzione del grasso corporeo e quindi un calo ponderale. Grazie alla perdita di tessuto adiposo, infatti, si verifica una regolazione più efficace dell’insulina, da cui scaturisce il miglioramento di vari parametri metabolici come le transaminasi, i trigliceridi e il colesterolo.

Guida a una dieta migliore

È importante aumentare il consumo di legumi, che sono alimenti con un alto contenuto di fibre solubili: proprio per questo motivo hanno proprietà apprezzabili sul piano metabolico ed endocrino. Conviene, poi, limitare gli zuccheri semplici in modo che non superino il 15% dell’introito calorico complessivo. Una quantità eccessiva di zuccheri non ha solo conseguenze negative dal punto di vista della glicemia, ma contribuisce a favorire l’infiammazione della mucosa intestinale, il che può portare a una condizione disbiotica. È fondamentale d’altro canto assumere cereali integrali, che contengono vitamine del gruppo B, minerali e soprattutto fibre, grazie a cui i carboidrati possono essere assorbiti in maniera più lenta: il che previene uno stimolo insulinemico eccessivo.

Gli alimenti da privilegiare

Anche le verdure devono essere consumate in maniera regolare. Anche in questo caso si parla di alimenti che forniscono un apporto significativo di fibre e che in più hanno molecole antiossidanti al proprio interno. Le carote, le spinaci, i cavolfiori, i broccoli e la rucola vanno consumati in grandi quantità a meno che non si soffra di problemi intestinali.